Cass. Civ. Sent. 28-02-2018, n. 4653
Per poter impugnare una disposizione testamentaria che si ritenga viziata da dolo, non è sufficiente dimostrare la sussistenza di qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore, ma occorre la presenza di altri mezzi fraudolenti che siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata. In questo si deve tenere conto dell’età, dello stato di salute e delle condizioni di spirito del de cuius. La relativa prova, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, il rispetto assoluto della volontà del testatore impone che, al fine di poter affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore, se del caso mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, occorrendo la provata presenza di veri propri mezzi fraudolenti i quali – avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito dello stesso – siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata. La relativa prova può avere natura presuntiva, tuttavia essa deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l’attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore, e le relative valutazioni costituiscono apprezzamenti di fatto non sindacabile in sede di legittimità, se sorretti da congrua motivazione (tra le molte, Cass. 14/06/2001, n. 8047; Cass. 28/05/2008, n. n. 14011; Cass. 16/01/2014, n. 824; Cass. 11/04/2017, n. 9309, non massimata).
Nel caso in esame, come già detto, l’attività fraudolenta è stata ricavata in via presuntiva sulla base di atti certi, evidenziati in sentenza con dettagliato richiamo all’accertamento compiuto in sede penale in riferimento al delitto di circonvenzione di incapace, avente ad oggetto il matrimonio celebrato in data (OMISSIS) tra l’ultracentenario B.C. e la sig.ra S.C., che si occupava dell’assistenza del B..
5.3.1. Nel giudizio penale è stato accertato che all’epoca del matrimonio – luglio 2002 – B.C., affetto da arteriosclerosi e dalla normale decadenza senile dovuta all’età avanzatissima, era soggetto suggestionabile e facilmente inducibile a compiere atti che “certamente non avrebbe compiuto se fosse stato in una differente condizione psicofisica e se non fosse stato circondato da persone senza scrupoli, quali l’odierna imputata e il d.T. i quali, facendogli credere di volersi occupare di lui, lo hanno invece ingannato”. A conferma del progetto criminoso i giudici penali hanno evidenziato il contenuto dei file rinvenuti nel computer di D.T.G., che riguardavano il testo della procura generale rilasciata da B.C. in data 7 agosto 2002; la dichiarazione in data 4 agosto 2002, con cui la S.C. riconosceva a d.T. il 30% dei beni presenti e futuri lasciati da B.C.; il testo del contratto di locazione dell’appartamento sito in (OMISSIS), concluso dalla S. in qualità di procuratrice di B. e il d.T., in qualità di titolare e legale rappresentante della Agency Royal Animation; tutti i documenti relativi al matrimonio e alla successiva richiesta di soggiorno; un testo contenente domande e risposte di preparazione di eventuale interrogatorio che la S. avrebbe potuto dover sostenere in merito alle circostanze del matrimonio.
5.4. La Corte d’appello ha valorizzato la congerie di fatti accertati in sede penale, minuziosamente riportati nella sentenza impugnata, ricavandone un quadro complessivo di manipolazione dell’anziano da parte della S.C., finalizzato ad assicurarsi benefici patrimoniali consistenti, prima attraverso la disposizione testamentaria particolarmente generosa, e poi con l’induzione al matrimonio, che ha consentito l’acquisizione dello status coniugale e dei connessi diritti successori.
La Corte d’appello ha dunque ritenuto provata, come già il Tribunale, l’influenza determinante della donna sul comportamento del B. e, in particolare, sul processo formativo della volontà testamentaria. La conclusione, plausibile e coerente con le premesse, è rispettosa dei principi giurisprudenziali in tema di dolo causa di annullamento del testamento, ai sensi dell’art. 634 c.c., mentre il vizio di motivazione denunciato si risolve nella pretesa di affermare una linea interpretativa dei fatti alternativa rispetto a quella fatta propria dal giudice di merito, ed è pertanto inammissibile.