Cass. Civ. Ord., 17/12/2019, n. 33444
Nel caso di sinistro causato da veicolo non identificato, l’obbligo risarcitorio nei confronti della vittima sorge non soltanto nei casi in cui il responsabile si sia dato alla fuga nell’immediatezza del fatto, ma anche quando la sua identificazione sia stata impossibile per circostanze obiettive da valutare caso per caso e non imputabili a negligenza della vittima.
Occorre premettere che, nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al “minimo costituzionale”, restando riservata al giudice del merito la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, ma la Corte di cassazione può verificare l’estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non verità delle premesse o l’intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma entro cui è stata sussunta la fattispecie (Sez. 3, Sentenza n. 16502 del 05/07/2017, Rv. 644818 – 01).
Tale manifesta implausibilità ricorre nel caso di specie, nel quale il Tribunale di Savona, quale giudice di appello, ha censurato il comportamento della G. sul presupposto che quest’ultima, pur avendo avuto la possibilità ed il tempo materiale per farlo, avrebbe omesso di provvedere all’acquisizione delle generalità della responsabile del sinistro (che si era fermata a soccorrerla e che, dopo aver essere stata rassicurata sulle sue condizioni di salute, si era allontanata).
Tanto affermando, il giudice di appello è incorso nel vizio denunciato in quanto – premesso che il verificarsi del sinistro era risultato da una telecamera esistente sul luogo – non ha considerato che: a) la sig.ra G., a seguito del sinistro, era stata ricoverata al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Albenga per frattura della mano destra e lesione della vertebra L2 (frattura e lesione alle quali conseguirono una malattia durata complessivamente 80 giorni, nonchè postumi a carattere invalidante nella misura del 7% della capacità totale), ragion per cui, al momento dell’incidente, versava ragionevolmente in condizioni psico fisiche che le provocavano disorientamento, privando conseguentemente di lucidità ogni eventuale espressione rivolta alla sua investitrice; b) la sig.ra G. – di 63 anni al momento dell’incidente – aveva riferito che, vedendo la sua investitrice allontanarsi, era convinta che detto allontanamento fosse da attribuire alla ricerca dei documenti relativi alla propria persona ed al proprio veicolo; ma dall’espletata attività istruttoria non era affatto risultato che la stessa avesse favorito l’allontanamento della propria investitrice; c) sul luogo del sinistro non vi erano stati testimoni, che ~rrq potuto aiutare la sig.ra G. nell’identificazione del conducente o dell’auto investitrice; e) quest’ultima, anzi, era stata spostata dal luogo del sinistro (operazione questa che potrebbe aver reso di fatto impossibile la sua identificazione).
D’altronde, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, sent. n. 274 del 13/1/2015), nel caso di sinistro causato da veicolo non identificato, caso che per l’appunto è sotteso al ricorso in esame, l’obbligo risarcitorio nei confronti della vittima – in linea con l’art. 1, comma 4, della direttiva CE del Consiglio del 30 dicembre 1983, n. 84/5, trasfuso nell’art. 10, comma 1, della direttiva CE del 16 settembre 2009, n. 2009/103 – sorge non soltanto nei casi in cui il responsabile si sia dato alla fuga nell’immediatezza del fatto ma anche quando la sua identificazione sia stata impossibile per circostanze obiettive da valutare caso per caso e non imputabili a negligenza della vittima.