Risarcibilità del danno non patrimoniale
Cass. Civ. Ord. 27-08-2020, n. 17894
Il danno non patrimoniale è risarcibile solo in due casi: a) quando la sua risarcibilità sia espressamente ammessa dalla legge; b) quando la sua risarcibilità sia implicitamente ammessa dalla legge: ipotesi, quest’ultima, che si verifica allorché il fatto illecito abbia vulnerato un diritto fondamentale della persona.
Affinché una situazione giuridica soggettiva possa qualificarsi come “diritto fondamentale della persona” sono necessari due requisiti: il primo requisito è che tale diritto riguardi la persona e non il suo patrimonio; il secondo requisito da accertare è che l’esercizio di esso non possa essere impedito, senza per ciò solo sopprimere o limitare la dignità o la libertà dell’essere umano.
Il danno non patrimoniale, come riconosce lo stesso ricorrente, è risarcibile solo in due casi:
– o quando la sua risarcibilità sia espressamente ammessa dalla legge;
– o quando la sua risarcibilità sia implicitamente ammessa dalla legge: ipotesi, quest’ultima, che si verifica allorché il fatto illecito ha vulnerato un diritto fondamentale della persona (Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008, Rv. 605491 – 01).
I diritti fondamentali della persona costituiscono senz’altro un “catalogo aperto”, come sostenuto dal ricorrente: sicché è ben possibile che diritti in passato considerati secondari assurgano col tempo al rango di diritti fondamentali (è stato il caso, ad esempio, del diritto all’identità personale; del diritto all’oblio; del diritto alla riservatezza, e da ultimo del diritto all’identità digitale); così come all’opposto non è raro che diritti un tempo reputati inviolabili cessino, col tempo, di avere qualsiasi rilievo giuridico (è il caso, ad esempio, del danno da usurpazione del titolo nobiliare o da seduzione con promessa di matrimonio).
Ciò non vuol dire, però, che tutte le volte in cui la tecnica o gli usi facciano sorgere nuovi commoda, la pretesa d’avvalersene assurga automaticamente al rango di diritto fondamentale della persona. Affinché una situazione giuridica soggettiva possa qualificarsi come “diritto fondamentale della persona” sono infatti necessari due requisiti.
Il primo requisito è che tale diritto riguardi la persona e non il suo patrimonio. E la forzosa rinuncia al godimento d’un bene materiale di norma non costituisce lesione d’un diritto “della persona”, salva l’ipotesi estrema in cui il fatto illecito abbia privato la vittima del godimento di beni materiali sì, ma essenziali quoad vitam: l’acqua, l’aria, il cibo, l’alloggio, i farmaci.
E l’uso d’un telefono ovviamente non è necessario alla sopravvivenza.
2.2. – Il secondo requisito da accertare, affinché un diritto della persona possa dirsi “fondamentale”, è che l’esercizio di esso non possa essere impedito, senza per ciò solo sopprimere o limitare la dignità o la libertà dell’essere umano.
Ma ovviamente l’impedimento all’uso del telefono non menoma né la dignità, né la libertà dell’essere umano, né costituisce violazione d’alcuna libertà costituzionalmente garantita, e tanto meno di quella di comunicare, posto che nulla vieterebbe in tal caso all’interessato di servirsi di altri mezzi (primo fra tutti, un telefono sostitutivo), ovviamente addossando alla controparte inadempiente il relativo pregiudizio patrimoniale.
In definitiva, il ricorrente mostra di confondere il diritto a comunicare, che ha copertura costituzionale, col diritto a comunicare con un solo e determinato telefono, che copertura costituzionale non ha.
Il guasto al telefono od alla linea telefonica, pertanto, quale che ne sia la durata, non costituisce violazione d’alcun diritto della persona costituzionalmente garantito, ed il suo avverarsi non può legittimare alcuna pretesa al risarcimento di danni non patrimoniali.