Responsabilità totale o parziale del danneggiato

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Cass. Civ., Ord. 18/09/2023, n. 26774

Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, da parte del danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso.

Questa Corte ha affermato (Cass. n. 2482/2018) e di recente ribadito (Cass., S.U., n. 20943/2022; Cass. n. 11152/2023) i seguenti principi di diritto:

– la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e, perciò, prescinde dalla colpa del custode; ne consegue che la capacità di vigilare sulla cosa, di mantenerne il controllo e di neutralizzarne le potenzialità dannose non integra un elemento costitutivo della fattispecie, rilevando unicamente alla stregua di canone interpretativo della fattispecie, funzionale a disvelare la “ratio legis” che presiede all’allocazione del danno;

– quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa, gestita così come custodita, o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia stato concorso causale tra i due fattori, costituisce valutazione di merito da compiere sul piano del nesso eziologico, sottendendo un bilanciamento con i doveri di precauzione e cautela;

– a tal fine, ove la condotta del danneggiato assurga, per l’intensità del rapporto con la produzione dell’evento, al rango di causa autonomamente sopravvenuta dell’evento del quale la cosa abbia infine costituito, in questo senso, una mera occasione, viene meno il nesso eziologico con la “res”, anche se la condotta del danneggiato possa ritenersi astrattamente prevedibile, ma debba essere esclusa come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale da verificare dunque secondo uno “standard” oggettivo;

– pertanto, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado d’incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227, comma 1, c.c., e dev’essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dalla Cost., art. 2;

– quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile, nei termini appena specificati, che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso.

Premessi questi principi di massima, nel caso di specie la Corte territoriale, coerentemente ai principi sopra enunciati ha ritenuto configurabile la responsabilità del Comune ed ha attribuito alla vittima un concorso di colpa del 50%, per non aver tenuto una velocità consona allo stato dei luoghi. In conclusione, i ricorrenti ripropongono le stesse critiche già espresse nei motivi precedenti (in ordine alla pericolosità della strada e alla velocità moderata del conducente), richiedendo una rivisitazione dei fatti probatori, là dove la valutazione ex art. 1227 c.c. è, come detto, squisitamente di merito e, pertanto, le censure sono volte a sostituire, inammissibilmente, l’apprezzamento effettuato dalla Corte territoriale.

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