Nullità della transazione del futuro erede
Cass. Civ. Ord. 15-06-2018, n. 15919
E’ nulla per contrasto con il divieto di cui agli artt. 458 e 557 c.c., la transazione conclusa da uno dei futuri eredi, allorquando è ancora in vita il de cuius, con la quale si rinunci ai diritti vantati, anche quale legittimario, sulla futura successione, ivi incluso il diritto a far accertare la natura simulata degli atti di alienazione posti in essere dall’ereditando, in quanto idonei a dissimulare in realtà una donazione.
Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 458 e 557 c.c..
Si evidenzia che i giudici di merito, nel ravvisare una volontà di rinunciare anche ai diritti vantati dalla ricorrente quale legittimaria rispetto alla successione materna, non hanno colto il dato fondamentale, costituito dal fatto che la transazione è stata conclusa in data 30/1/2008, e cioè ben prima del decesso della genitrice, verificatosi solo in data 15/9/2008.
Ne consegue che la rinuncia a diritti di natura successoria è quindi avvenuta in epoca anteriore all’apertura della successione, così che l’accordo, anche a volerne ravvisare la natura abdicativa, è stato raggiunto in evidente violazione delle previsioni di cui agli artt. 458 e 557 c.c..
Il motivo è evidentemente fondato.
Va osservato che la lite che le parti hanno inteso definire con l’accordo transattivo del 30/01/2008 era quella derivante dall’apertura della successione paterna, la quale era stata influenzata, quanto all’individuazione delle quote vantate dagli originari condividenti, dalla cessione di quota effettuata dalla madre in favore del figlio V..
E’ poi pacifico che alla data della transazione la genitrice era ancora in vita, sicchè, alla luce dei pacifici principi in materia successoria, in base ai quali la sussistenza dei diritti del legittimario può essere determinata solo al momento dell’apertura della successione, coincidendo tale evento anche con quello a partire dal quale è dato far valere le pretese alla quota di riserva, la ricorrente non aveva alcuna legittimazione a denunziare la pretesa natura liberale dell’atto di cessione di quote, il quale, in relazione al contenzioso all’epoca in atto, rivestiva indubbiamente natura vincolante.
La dichiarazione abdicativa contenuta nella transazione non può quindi che riferirsi alla controversia scaturente dalla successione paterna, mentre ove si intenda che la stessa si estenda anche alle pretese vantate dalla attrice relativamente alla successione materna, ed in particolare, così come opinato dai giudici di merito, ai diritti vantati quale erede necessaria sulla successione della G., che era ancora in vita alla data della transazione, l’accordo non può che incorrere nella nullità di cui al combinato dispsoto degli artt. 458 e 557 c.c..
In tal senso la costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato che (Cass. n. 1913/1962) l’art. 557 c.c., comma 2, vieta la rinuncia da parte del coerede al diritto a che la donazione effettuata dal de cuius all’altro coerede sia sottoposta alla riunione fittizia ed alla eventuale successiva riduzione in caso di lesione di legittima, finchè viva il donante. Peraltro, tale rinuncia è convenzionalmente possibile dopo la morte del donante medesimo, giacchè i coeredi possono concordemente, in sede di sistemazione dei rapporti derivanti dalla successione e di terminazione delle varie quote legittime e disponibili, sottrarre una donazione alla riunione fittizia ed alle sue conseguenze, alla stessa guisa che il legittimario, dopo la morte del donante, ben può rinunciare a chiedere giudizialmente la riunione fittizia e la riduzione delle donazioni (conf. Cass. n. 2327/1963, secondo cui la dichiarazione del legittimario, fatta in vita del donante, di essere stato soddisfatto della sua quota di riserva, sia che la si consideri come disposizione di diritti a successione non ancora aperta o rinuncia ai medesimi, sia che la si configuri come rinuncia preventiva all’esperimento delle azioni di riduzione della donazione e delle disposizioni lesive della porzione di legittima, impinge nel divieto posto rispettivamente dagli artt. 458 e 557 c.c., in quanto la determinazione del valore dei beni ereditari e di quelli di cui sia stato disposto a titolo di donazione, ai fini dell’accertamento della quota spettante al legittimario e della entità della eventuale lesione, va riferita in ogni caso al tempo dell’apertura della successione).
Tali principi sono stati poi ribaditi anche in tempi più recenti da Cass. n. 24450/2009 che ha appunto ravvisato un patto successorio, e non una transazione, nella scrittura privata con la quale una sorella aveva consentito al trasferimento in favore dei fratelli della proprietà di immobili appartenenti al padre, a fronte dell’impegno, assunto dai medesimi, di versarle una somma di denaro, da considerare, in relazione allo specifico contesto, come una tacitazione dei suoi diritti di erede legittimario.
Nè appare possibile sostenere, come dedotto dal controricorrente nella memoria, che con la transazione de qua si sarebbe inteso rinunciare solo all’accertamento della simulazione, occorrendo a tal fine rilevare che, in relazione ad atti posti in essere dalla madre, la ricorrente ha acquistato il diritto ed il concreto interesse all’accertamento della loro natura simulata solo per effetto della morte della genitrice, ed in evidente funzione strumentale all’esercizio dell’azione di riduzione, la cui insorgenza del pari si colloca dopo la morte della genitrice, essendo del tutto carente di legittimazione a far valere la simulazione degli atti dispositivi, fin quando la madre sia rimasta in vita, il che esclude anche che potesse disporre allora di un diritto che ancora non le competeva.
Ne consegue che, attesa la pacifica esistenza in vita della madre al momento della transazione, la consapevolezza da parte della ricorrente dell’intervenuta cessione non appare in alcun modo idonea a giustificare la validità di una rinuncia ad un diritto, quale quello al recupero della propria quota di riserva sulla successione materna, al momento ancora non esistente, e la cui disposizione è appunto vietata dalle norme richiamate nella rubrica del motivo in esame.
Il motivo deve quindi essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, dovendo il giudice del rinvio attenersi al seguente principio di diritto: E’ nulla per contrasto con il divieto di cui agli artt. 458 e 557 c.c., la transazione conclusa da uno dei futuri eredi, allorquando è ancora in vita il de cuius, con la quale si rinunci ai diritti vantati, anche quale legittimario, sulla futura successione, ivi incluso il diritto a far accertare la natura simulata degli atti di alienazione posti in essere dall’ereditando, in quanto idonei a dissimulare in realtà una donazione.
Alla luce di tale principio il giudice del rinvio dovrà quindi valutare la portata dell’accordo transattivo del 30/1/2008, e quindi procedere alla disamina della domanda di riduzione proposta dall’attrice.