La figura del procacciatore di affari e le differenze con il mediatore
Cass. Civ. Sez. Unite, Sent. 02-08-2017, n. 19161
Il procacciatore d’affari è un collaboratore occasionale la cui attività promozionale è normalmente attuativa del rapporto intercorrente con il preponente, dal quale soltanto può pretendere il pagamento della provvigione. Costituisce elemento comune alla figura del mediatore e a quella del procacciatore d’affari la prestazione di un’attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, mentre l’elemento distintivo consiste nel fatto che il mediatore è un soggetto imparziale, e nel procacciamento di affari l’attività dell’intermediario è prestata esclusivamente nell’interesse di una delle parti.
Per un esatto inquadramento della vicenda appare quindi utile ricordare, in sintesi, che, come detto, mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcune di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. La sua attività si caratterizza per il fatto di essere imparziale rispetto alle parti messe in contatto, e il diritto alla provvigione sorge, ex art. 1755 c.c., solo quando la conclusione dell’affare è il risultato del suo intervento. Il medesimo diritto, peraltro, è subordinato alla iscrizione del mediatore nel ruolo degli agenti di affari di mediazione (ora alla segnalazione di inizio di attività certificata cui fa seguito la iscrizione nel registro delle imprese ovvero nel repertorio delle notizie economiche).
Il procacciatore d’affari è invece un collaboratore occasionale la cui attività promozionale è normalmente attuativa del rapporto intercorrente con il preponente, dal quale soltanto può pretendere il pagamento della provvigione; egli è quindi collaboratore della società preponente (o dell’agente di quest’ultima), che svolge un’attività, caratterizzata dall’assenza di subordinazione e dalla mancanza di stabilità, consistente nella segnalazione di potenziali clienti e nella raccolta di proposte di contratto ovvero di ordini, senza intervenire nelle trattative per la conclusione dei contratti. Il suo compito è limitato a mettere in contatto le parti su incarico di una di queste.
Nella giurisprudenza di questa Corte, si afferma che costituisce elemento comune alla figura del mediatore e a quella del procacciatore d’affari la prestazione di un’attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, mentre l’elemento distintivo consiste nel fatto che il mediatore è un soggetto imparziale, e nel procacciamento di affari l’attività dell’intermediario è prestata esclusivamente nell’interesse di una delle parti (Cass. n. 27729 del 2005; Cass. n. 4422 del 2009; Cass. n. 26360 del 2016). Il mediatore si distingue dal procacciatore di affari per l’imparzialità che è requisito tipico del mediatore, e per il rapporto di collaborazione che – assente secondo l’espresso dettato normativo nella mediazione (art. 1754 cod. civ.) caratterizza il procacciatore d’affari, il quale, anche senza carattere di stabilità, agisce nell’esclusivo interesse del preponente, solitamente imprenditore, raccogliendo proposte di contratto ovvero ordinazioni presso terzi e trasmettendogliele (Cass. n. 12694 del 2010).
Ove, invece, il procacciatore d’affari operi stabilmente con un determinato preponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile piuttosto al rapporto di agenzia, con conseguente inoperatività del disposto di cui alla L. n. 39 del 1989, art. 6. Si afferma infatti che al procacciatore d’affari sono applicabili, in via analogica, le disposizioni del contratto d’agenzia (Cass. n. 4422 del 2009; Cass. n. 26370 del 2016).
Il mediatore e il procacciatore d’affari individuano, quindi, due distinte figure negoziali – la prima tipica e la seconda atipica – che si differenziano per la posizione di imparzialità del mediatore rispetto al procacciatore, il quale, invece, agisce su incarico di una delle parti interessate, dalla quale soltanto può pretendere la provvigione. E proprio perchè il procacciatore d’affari agisce in base ad incarico di una parte può ritenersi che la sua attività debba essere attratta nell’ambito della mediazione atipica.
E’ dunque configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni. Essa, inoltre, rientra nell’ambito di applicabilità della disposizione prevista dalla L. n. 39 del 1989, art. 2, comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione, stante la rilevanza, nell’atipicità, che assume il connotato della mediazione, alla quale si accompagna l’attività ulteriore in vista della conclusione dell’affare (Cass. n. 19066 del 1996; Cass. n. 16147 del 2010).