La condotta del medico in presenza di sintomi aspecifici

Cass. Civ. Ord. 30/11/2018, n. 30999

Tiene una condotta colposa il medico che, dinanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza alcun approfondimento si limiti a far propria una sola tre le molteplici e non implausibili diagnosi.

4.1. Col quarto motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame d’un fatto decisivo e controverso. Formulano una tesi così riassumibile:

-) la Corte d’appello ha escluso la colpa dei sanitari convenuti, sul presupposto che il paziente, al momento in cui fu da essi visitato, presentava sintomi aspecifici, e che non deponevano chiaramente ed univocamente per la presenza d’un aneurisma cerebrale;

-) tuttavia anche ad ammettere che quei sintomi fossero stati davvero aspecifici, proprio la loro ambiguità doveva indurre i sanitari a più approfonditi accertamenti, anche alla luce delle linee guida generalmente condivise per la diagnosi differenziale dell’aneurisma cerebrale; e soprattutto tenuto conto del fatto che i sintomi presentati dal paziente, seppure non potessero dirsi univocamente indicativi della presenza di un aneurisma cerebrale, nemmeno si sarebbero potuti dire univocamente escludenti l’esistenza d’un aneurisma.

4.2. Col quinto motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1218 c.c..

Il motivo in buona sostanza riproduce la medesima censura sviluppata nel motivo precedente, prospettata questa volta come violazione di legge.

4.3. Il quarto ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente, perchè sollevano questioni strettamente intrecciate.

I ricorrenti infatti (al di là del richiamo formale all’art. 360 c.p.c., n. 5, il quale comunque non impedisce a questa Corte di badare alla sostanza della censura, che consiste in una violazione di legge: cfr. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 – 01), in ambedue i motivi suddetti sostengono che la Corte d’appello avrebbe applicato una regola erronea per la valutazione della diligenza esigibile dal medico, esonerando da colpa un sanitario che, dinanzi a sintomi generici, non aveva compiuto alcuno sforzo per il loro corretto inquadramento.

4.4. Le censure sono fondate.

Nel caso di specie la Corte d’appello ha ritenuto insussistente la colpa dei sanitari che visitarono in due diverse occasioni M.A..

A fondamento della propria decisione la Corte d’appello, dopo avere ammesso che i sintomi presentati dal paziente non deponevano “chiaramente” per l’esistenza d’un aneurisma, ha richiamato, trascrivendole, due considerazioni compiute dal consulente tecnico da essa nominato.

La prima di tali considerazioni può essere così riassunta: Mu.Lu., nel visitare M.A., esaminò la mobilità del collo e la manovra di Lasegue (flessione delle gambe sul bacino); ma poichè tali esami normalmente non vengono compiuti durante una visita neurologica, il fatto che essi vennero compiuti dimostrerebbe che il medico “ebbe ben presente la possibilità di un evento emorragico”.

La seconda di tali considerazioni può essere così riassunta: “in moltissimi casi” (la Corte, come il consulente, non dice quanti), l’emorragia cerebrale provoca scompensi cardiaci; nel caso di specie l’elettrocardiogramma eseguito sul paziente non segnalò anomalie; ergo, era irragionevole supporre, da parte dei medici, la rottura di un aneurisma.

4.5. La motivazione appena riassunta presenta effettivamente i vizi prospettati dal ricorrente: quello di violazione di legge in primo luogo; e quello di insuperabile illogicità dall’altro.

4.6. Sotto il primo profilo (violazione di legge) va ricordato come la colpa civile consiste nella deviazione da una regola di condotta.

La “regola di condotta” dal cui allontanamento può scaturire la colpa può consistere non soltanto in una norma giuridica, ma anche in una regola di comune prudenza o nelle cc.dd. leggi dell’arte.

Stabilire se l’autore d’un illecito abbia o meno violato norme giuridiche o di comune prudenza è accertamento che va compiuto alla stregua dell’art. 1176 c.c. (ex permultis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 17397 del 08/08/2007, Rv. 598610).

L’art. 1176 c.c., impone al debitore di adempiere la propria obbligazione con diligenza.

La diligenza di cui all’art. 1176 c.c., è nozione che rappresenta l’inverso logico della nozione di colpa: è in colpa chi non è stato diligente, mentre chi tiene una condotta diligente non può essere ritenuto in colpa.

L’autore d’un fato illecito o chi non abbia adempiuto un contratto non è dunque, per ciò solo, in colpa: quest’ultima sussisterà soltanto nel caso in cui il preteso responsabile non solo abbia causato un danno, ma l’abbia fatto violando norme giuridiche o di comune prudenza.

Le norme di comune prudenza dalla cui violazione può scaturire una colpa civile non sono uguali per tutti.

Nel caso di inadempimento di obbligazioni comuni, ovvero di danni causati nello svolgimento di attività non professionali, il primo comma dell’art. 1176 c.c. impone di assumere a parametro di valutazione della condotta del responsabile il comportamento che avrebbe tenuto, nelle medesime circostanze, il “cittadino medio”, ovvero il bonus paterfamilias: vale a dire la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità.

Nel caso, invece, di inadempimento di obbligazioni professionali, ovvero di danni causati nell’esercizio d’una attività “professionale” in senso ampio, il secondo comma dell’art. 1176 c.c., prescrive un criterio più rigoroso di accertamento della colpa.

Il “professionista”, infatti, è in colpa non solo quando tenga una condotta difforme da quella che, idealmente, avrebbe tenuto nelle medesime circostanze il bonus paterfamilias; ma anche quando abbia tenuto una condotta difforme da quella che avrebbe tenuto, al suo posto, un ideale professionista “medio” (il c.d. homo eiusdem generis et condicionis).

L’ideale “professionista medio” di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, nella giurisprudenza di questa Corte, non è un professionista “mediocre”, ma è un professionista “bravo”: ovvero serio, preparato, zelante, efficiente.

4.7. Poichè il parametro di riferimento per valutare la colpa del medico è la condotta che avrebbe teoricamente tenuto, al posto del convenuto, un medico “diligente” ex art. 1176 c.c., comma 2, vale a dire un medico bravo, occorre chiedersi quale debba essere, alla stregua della norma appena ricordata, la condotta del sanitario Medio dinanzi a sintomi aspecifici.

La risposta è che di fronte a sintomi aspecifici, potenzialmente ascrivibili a malattie diverse, o comunque di difficile interpretazione, il medico non può acquietarsi in una scettica epochè, sospendendo il giudizio ed attendendo il corso degli eventi. Deve, al contrario, o formulare una serie di alternative ipotesi diagnostiche, verificandone poi una per una la correttezza; oppure almeno segnalare al paziente, nelle dovute forme richieste dall’equilibrio psicologico di quest’ultimo, tutti i possibili significati della sintomatologia rilevata.

Tiene di conseguenza una condotta non conforme al precetto di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, il medico che, di fronte al persistere di sintomi od indici diagnostici dei quali non è agevole intuire l’eziogenesi, non solo non compia ogni sforzo per risalire, anche procedendo per tentativi, alla causa reale del sintomo, ma per di più taccia al paziente i significati di esso.

4.8. E’ alla luce di questi principi che si può ora tornare ad esaminare la motivazione riassunta supra, al p. 4.4..

Nel nostro caso è stata la stessa Corte d’appello ad accertare in punto di fatto – recependo le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio – che il paziente “non presentava segni o sintomi che indicassero chiaramente un evento emorragico cerebrale”.

La Corte d’appello, dunque, ha accertato in fatto che il paziente presentava sintomi generici, ed escluso per ciò solo che il medico fosse in colpa per non averli correttamente inquadrati.

Così giudicando, la Corte d’appello è incorsa nel c.d. vizio di sussunzione della fattispecie: infatti proprio l’aver accertato in facto che i sintomi non erano chiari, e non deponevano chiaramente per l’esistenza di un aneurisma sanguinante, avrebbe dovuto condurre alla conclusione in iure che i sanitari furono negligenti, per aver scartato a priori anche questa ipotesi, senza previamente disporre alcun accertamento specialistico.

4.9. Tale errore di diritto non può dirsi sanato dalle due considerazioni che la Corte d’appello ha mutuato dal c.t.u., e ricordate supra, al p. 4.4..

Il consulente d’ufficio, infatti, dal fatto noto che il medico dell’ospedale esaminò la mobilità del collo ed eseguì la manovra di Lasegue, ha preteso di risalire al fatto ignorato che il medico sospettò l’esistenza d’un aneurisma; quindi dal fatto (presunto) che il medico sospettò la presenza d’un aneurisma, risalì al fatto ignorato che di tale patologia non vi erano i sintomi, altrimenti il paziente sarebbe stato curato.

Ma a prescindere dal fatto che questo modo di argomentare costituisce una praesumptio de praesumpto, non consentita dall’art. 2727 c.c., nè al giudice nè, a fortiori, al c.t.u., quel che più rileva è che il ragionamento appena riassunto costituisce un autentico paralogismo, così riassumibile: “poichè il medico non ha rilevato i sintomi, vuol dire che questi non c’erano”.

La Corte d’appello, poi, anche in questo caso recependo ad litteram una opinione del consulente d’ufficio, ha ritenuto che la colpa dei sanitari dovesse escludersi per il fatto che l’elettrocardiogramma del paziente fu regolare, mentre “in moltissimi casi” la rottura d’un aneurisma provoca scompensi cardiaci.

La Corte d’appello, nel far propria tale sorprendente valutazione in punto di diritto (che come tale era preclusa al c.t.u.: non sarà superfluo ricordare, a tal fine, che l’accertamento della colpa civile è una valutazione giuridica, come tale riservata al giudice ed inibita al c.t.u.), ha anche richiamato la bibliografia citata dall’ausiliario, nella quale compare il contributo di Sakr, Ghosn e Vincent, Cardiac manifestations after subarachnoid hemorrhage: a systematic review of the literature, in Prog. Cardiovasc. Dis., 2002 Jul-Aug; 45(1), 67. Contributo nel quale si afferma l’esatto opposto di quanto sostenuto dal c.t.u. e condiviso dalla Corte d’appello, ovvero che “despite the considerable literature describing cardiac alterations during the course of subarachnoid hemorrhage (SAH), epidemiological (…) aspects are yet to be clarified. Further studies are needed to evaluate the magnitude of this problem”.

Ora, se davvero c’era “bisogno di ulteriori studi per valutare l’ampiezza del problema”, come affermato nel contributo appena trascritto, appare davvero incomprensibile da un punto di vista logico come la Corte d’appello abbia potuto affermare che colpa non vi fu, perchè non v’erano alterazioni cardiologiche.

Anche questo fu un vizio di insanabile illogicità, che conduce alla nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4: se, infatti, l’alterazione cardiologica nelle persone colpite da ematoma subaracnoideo può esserci e può non esserci, anche la mancanza di alterazioni del ritmo cardiaco non era una circostanza sicuramente deponente nel senso dell’assenza di aneurismi, ma era una circostanza anch’essa aspecifica, e come tale avrebbe dovuto indurre i sanitari ad ulteriori accertamenti.

4.10. In conclusione:

(a) la sentenza impugnata è errata in diritto, nella parte in cui ha accertato in fatto che i sintomi fossero aspecifici, e ritenuto in diritto che non vi fosse colpa dei sanitari nel non avere sottoposto il paziente a più approfonditi esami diagnostici;

(b) la sentenza impugnata è nulla per illogicità insanabile della motivazione, nella parte in cui ha recepito acriticamente le illogiche (oltre che erronee) motivazioni del consulente tecnico d’ufficio.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, la quale nel riesaminare il gravame applicherà il seguente principio di diritto:

Tiene una condotta colposa il medico che, dinanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza alcun approfondimento si limiti a far propria una sola tre le molteplici e non implausibili diagnosi.

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