Cass. Civ. Ordinanza, 07/01/2016, n. 10
La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui non consiste nell’adozione, sia pur parassitaria, di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa. Questa ricorre quando un imprenditore attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, perturbando la libera scelta dei consumatori.
La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui (art. 2598 n. 2 cod. civ.) non consiste nell’adozione, sia pur parassitarla, di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa (che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile), ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, qualità indicazioni, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9387 del 1994);
La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui (art. 2598 c.c., n. 2, seconda parte) non consiste nell’adozione, sia pur parassitarla, di tecniche, materiali o procedimenti già usati da altra impresa, che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile, ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti o alla propria impresa pregi, quali, ad esempio, premi, medaglie, riconoscimenti, qualità, indicazioni, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti o alla impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6928 del 1983);