Cass. Civ. Sent. 04-04-2019, n. 9535
La L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 9, non impone al Tribunale in via diretta e automatica di disporre indagini avvalendosi della polizia tributaria ogni volta in cui sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette allo stesso la valutazione di detta esigenza, in forza del principio generale dettato dall’art. 187 c.p.c., che affida al giudice la facoltà di ammettere i mezzi di prova proposti dalle parti e ordinare gli altri che può disporre d’ufficio, previa valutazione della loro rilevanza e concludenza
Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione della L. n. 74 del 1987, art. 10, modificativo del disposto della L. n. 898 del 1970, art. 5, ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: la Corte d’appello – erroneamente qualificando il V., titolare di una farmacia, come professionista piuttosto che come commerciante – si sarebbe limitata a negare l’attendibilità della dichiarazione dei redditi dell’appellante, senza disporre alcuna indagine al riguardo e basando le proprie valutazioni unicamente sull’assetto economico relativo alla separazione.
5.2 Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
La L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 9, non impone al Tribunale in via diretta e automatica di disporre indagini avvalendosi della polizia tributaria ogni volta in cui sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette allo stesso la valutazione di detta esigenza, in forza del principio generale dettato dall’art. 187 c.p.c., che affida al giudice la facoltà di ammettere i mezzi di prova proposti dalle parti e ordinare gli altri che può disporre d’ufficio, previa valutazione della loro rilevanza e concludenza (Cass. 7435/2002).
Va poi escluso che esista un rapporto di correlazione necessaria, come pretende il ricorrente, fra l’esito dell’apprezzamento della congerie istruttoria disponibile e l’esercizio del potere discrezionale di svolgere, d’ufficio o su istanza di parte, indagini patrimoniali tramite la polizia tributaria, nel senso che in tanto il giudicante possa qualificare come inattendibili le dichiarazioni reddituali a lui prodotte in quanto egli abbia disposto indagini patrimoniali al riguardo.
Una simile interpretazione pretende di far discendere la valutazione delle dichiarazioni dei redditi e delle prove documentali relative ai redditi delle parti non dallo scrutinio che ne faccia il giudice, ma dal risultato delle indagini esperite.
Al contrario anche in queste controversie la valutazione delle prove è rimessa, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., al prudente apprezzamento del giudicante e non può ritenersi in alcun modo condizionata dalla scelta, parimenti discrezionale, di disporre, d’ufficio o su istanza di parte, indagini patrimoniali tramite polizia tributaria al fine di procedere al doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione.
Infine la doglianza tesa a criticare l’erroneo riferimento alle statuizioni patrimoniali operanti in vigenza della separazione dei coniugi è priva di qualsiasi correlazione con la sentenza impugnata, la quale, al contrario, ha fatto riferimento ai ricavi delle vendite – tenendo così ben presente il fatto storico denunciato come trascurato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – rappresentate nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2008 e ai redditi dichiarati per l’anno 2010 piuttosto che agli obblighi di mantenimento operanti nel regime di separazione.