Diritto-dovere di visita del genitore: può essere imposto?

Cass. Civ, Ordinanza n. 6471 del 06/03/2020

In tema di rapporti con la prole minore, il diritto dovere di visita del genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione, neppure nelle forme indirette previste dall’art. 614 bis c.p.c., trattandosi di un “potere-funzione” che, non essendo sussumibile negli obblighi la cui violazione integra una grave inadempienza ex art. 709 ter c.p.c., è destinato a rimanere libero nel suo esercizio, quale esito di autonome scelte che rispondono anche all’interesse superiore del minore.

La questione che viene all’esame di questa Corte di legittimità è quella di stabilire se il diritto-dovere di visita del figlio minore proprio del genitore non collocatario, ferma l’infungibilità della condotta, sia suscettibile di coercibilità in via indiretta per le modalità di cui all’art. 614-bis cod. proc. civ.

La risposta è negativa né potrebbe essere altrimenti per ragioni d’indole sistematica che leggono nel diritto di famiglia un diritto speciale le cui relazioni ispirate all’attuazione dell’interesse preminente del minore rinvengono in esso fondamento e, se del caso, limite.

Per il diritto generale delle obbligazioni, la mancata spontanea esecuzione della prestazione da parte del debitore fa sì che resti  insoddisfatto l’interesse del creditore, evidenza rispetto alla quale l’ordinamento giuridico appresta rimedio. L’obbligo che non è stato spontaneamente adempiuto può così essere eseguito con la forza e la coercibilità diviene qualificazione giuridica propria dell’obbligazione al cui inadempimento consegue la predisposizione da parte dell’ordinamento di strumenti idonei a garantirne l’esecuzione senza la cooperazione del debitore e contro la volontà di questi.

 All’interno della famiglia nei rapporti tra genitori e figli, alla responsabilità dei primi ex art. 316 cod. civ. si accompagna l’esercizio di comune accordo nell’attuazione del diritto dei figli minorenni di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti moralmente nel rispetto delle loro inclinazioni naturali ed aspirazioni, per contenuti che, richiamando quelli di un munus pubblico, sono espressivi della realizzazione degli interessi dei minori stessi.

Nella descritta strumentalità di posizioni, si declina il “dirittodovere” di visita del genitore presso il quale il figlio minore non sia stato collocato che, come denuncia la stessa adottata dizione, è esercitabile dal genitore titolare che voglia o debba svolgere il proprio ruolo concorrendo con l’altro ai compiti di assistenza, cura ed educazione della prole.

L’indicata posizione nel suoi plurimi contenuti:

a) in quanto diritto, e quindi nella sua declinazione attiva, è tutelabile rispetto alle violazioni ed inadempienze dell’altro genitore, su cui incombe il corrispondente obbligo di astenersi con le proprie condotte dal rendere più difficoltoso o dall’impedire l’esercizio dell’altrui diritto nei termini di cui all’art. 709-ter cod. proc. civ. ed è, d’altra parte, abdicabile dal titolare;

b) in quanto dovere, e quindi nella sua declinazione passiva, resta invece fondata sulla autonoma e spontanea osservanza dell’interessato e, pur nell’assolta sua finalità di favorire la crescita equilibrata del figlio integrativa dell’indicato munus, non è esercitabile in via coattiva dall’altro genitore, in proprio o quale rappresentante legale del minore.

Si inserisce in detto contesto il diritto dei figli alla bigenitorialità cui si correla in via strumentale l’esercizio in comune della responsabilità genitoriale che è destinato a garantire ai minori una crescita ed una educazione serene ed adeguate e, attraverso l’affido condiviso, a mantenere rapporti equilibrati e significativi con entrambi i genitori (art. 337-ter cod. civ.).

Nella segnata finalità, in sede di separazione le parti — o in caso di mancato accordo il giudice — dopo aver determinato il genitore con il quale i minori continueranno a convivere, stabiliscono anche i tempi e le modalità di presenza dei figli presso il genitore non collocatario.

AI diritto del genitore non convivente di continuare a mantenere rapporti significativi con i figli minori corrisponde, in via speculare, il diritto dei figli di continuare a mantenere rapporti significativi con il primo che viene chiamato a garantire, in solidarietà con il genitore collocatario, l’assolvimento degli obblighi verso i primi.

Secondo un consolidato indirizzo questa Corte di legittimità si esprime nel senso che nell’interesse superiore del minore vada assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio che sia idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione del secondo (ex multis: Cass. 23/09/2015 n. 18817; Cass. 22/05/2014 n. 11412; Cass. 9764/2019).

La lettura riservata dalla giurisprudenza di legittimità al superiore interesse del minore, inteso come diritto ad una crescita sana ed equilibrata, si è spinta sino a ritenere giustificata l’adozione, in un contesto di affidamento, di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, nell’apprezzato loro carattere recessivo rispetto all’interesse preminente del minore stesso (Cass. 24/05/2018 n. 12954; Cass. 04/11/2013 n. 24683).

L’orientamento è confortato nelle sue affermazioni di principio dalla giurisprudenza di fonte convenzionale là dove la Corte Edu, chiamata a pronunciare sul rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 della CEDU, pur riconcscendo all’autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento, evidenzia la necessità di un più rigoroso controllo sulle ‘restrizioni supplementari”, per tali intendendo quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare.

Le “restrizioni supplementari” comportano, invero, il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età e uno dei genitori o entrambi, pregiudicando il preminente interesse del minore (Corte EDU, 09/02/2017, Solarino c. Italia).

In siffatto prisma di relazioni, là dove la posizione del genitore non collocatario venga in rilievo in quanto portatrice del “diritto” di visita del figlio minore, essa riceve tutela dal sistema rispetto alle condotte pregiudizievoli poste in atto dall’altro genitore che, di ostacolo all’esercizio dell’’altrui diritto ed integrative di inadempimenti gravi, divengono ragione di risarcimenti e sanzioni secondo il sistema modulare e flessibile voluto dal legislatore all’art. 709-ter cod. proc. civ.

Nel caso in cui, invece, della descritta posizione, nella duplicità della sua declinazione, venga in considerazione il “dovere” di frequentazione e visita del figlio minore non deve sfuggire all’interprete che esso, per siffatta sua accezione, è espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto e deve, come tale, essere rimesso, nel suo esercizio, alla libera e consapevole scelta di colui che ne sia onerato, per una discrezionalità che, pur non assoluta e rivolta alla tutela dell’interesse indicato dalla legge, entro siffatto limite deve trovare ragione e termine ultimo di esercizio.

Ogni diversa lettura del dovere di visita che volesse affermarne la natura di vero e proprio obbligo, coercibile ad iniziativa dell’altro genitore o dello stesso figlio minore, urterebbe con la qualificazione adottata e con la stessa finalità di quel dovere, strumento di realizzazione dell’interesse superiore del minore, inteso come crescita ispirata a canoni di equilibrio ed adeguatezza.

L’esclusione, sin qui motivata, della coercibilità, a favore del figlio, del diritto di visita e del corrispettivo dovere del genitore non affidatario o non collocatario di garantire una sua frequentazione regolare, dovere che costituisce una delle esplicazioni dei doveri genitoriali menzionati dall’art. 147 cod. civ., comporta la impossibilità di applicare l’art. 614-bis cod. proc. civ., inteso quale fonte di un provvedimento di coercizione indiretta, assimilabile alle astreintes, nei confronti del genitore che rifiuta di frequentare il proprio figlio, anche se per un periodo temporaneo e a causa di uno stato di ansia derivante dalla difficile relazione genitoriale.

Il provvedimento di cui all’art. 614-bis cod. proc. civ. presuppone l’inosservanza di un provvedimento di condanna, ma il diritto (e il dovere) di visita costituisce una esplicazione della relazione fra il genitore e il figlio che può trovare regolamentazione nei suoi tempi e modi, ma che non può mai costituire l’oggetto di una condanna ad un facere sia pure infungibile.

A questa constatazione deve aggiungersi, con un rilievo altrettanto significativo, che l’emanazione di un provvedimento ex art. 614-bis cod. proc. civ. si pone in evidente contrasto con l’interesse del minore il quale viene a subire in tal modo una monetizzazione preventiva e una conseguente grave banalizzazione di un dovere essenziale del genitore nei suoi confronti, come quello alla sua frequentazione.

Si tratta di un aspetto essenziale in cui si esprime la relazione genitoriale che fa capo a un diritto-dovere di rilevanza costituzionale
e che trova la sua fonte primaria nell’art. 30 della Costituzione.

Né può ritenersi che un provvedimento come quello per cui si controverte sia legittimato, a mente dell’art. 709-ter, secondo comma, cod. proc. civ., dal potere del giudice, in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore, ovvero ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, di modificare i provvedimenti in vigore e, anche congiuntamente, di: a) ammonire il genitore inadempiente; b) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore o c) nei confronti dell’altro genitore; d) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

La norma ha infatti il diverso significato di prevederedelle ipotesi di risarcimento a fronte di un danno gia integrato dalla condotta di uno dei genitori, e di questa la sanzionabilità diretta, e non una coercizione preventiva e indiretta di un dovere nel caso della sua inosservanza futura.

Inoltre la norma inquadra chiaramente i poteri del giudice nel contesto di una rivalutazione delle condizioni di affidamento.

Pertanto deve ritenersi che i poteri di intervento del giudice, previsti dall’art. 709-ter cit., siano circoscritti al presente e quanto alle conseguenze future di un possibile successivo protrarsi del comportamento sanzionato si limitino al potere di ammonimento.

Ciò non esclude ovviamente che, qualora il comportamento sanzionato permanga, possano non solo essere modificati i provvedimenti in vigore in tema di affidamento ma anche essere emessi provvedimenti de potestate sino alla decadenza stessa dalla responsabilità genitoriale.

La non coercibilità del diritto di visita non vale, infatti, ad escludere che al mancato suo esercizio non conseguano effetti.

All’inerzia del genitore non collocatario può derivare l’eccezionale applicazione dell’affidamento esclusivo in capo all’altro genitore (art. 316, primo comma, cod. civ.), la decadenza della responsabilità genitoriale e l’adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità per condotta pregiudizievole ai figli (artt. 330 e 333 cod. civ.), la responsabilità penale per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod. pen.) quando le condotte contestate, con il tradursi in una sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongano seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore (Cass. pen. sez. 6, 24/10/2013 n. 51488, Rv. 257392 – 01).

Rimarca, in via speculare, il carattere non obbligato ed incoercibile del dovere di frequentazione del genitore, il diritto del figlio minore di frequentare il genitore quale esito di una sua scelta, libera ed autodeterminata, per caratteri tanto più obiettivamente inverabili quanto più vicina sia la maggiore età e che, in quanto tali, possono spingersi fino al rifiuto stesso (Cass. 13/08/2019 n. 21341 non massimata, p. 8).

Vero è infatti che la giurisprudenza convenzionale si è trovata ad affermare il carattere non assoluto dell’obbligo delle autorità nazionali di adottare misure idonee a riavvicinare il genitore ed il figlio non conviventi, nella valorizzazione della comprensione e collaborazione di tutte le persone coinvolte, in una materia il cui delicato rilievo chiama innanzitutto le autorità nazionali ad un’opera di ‘grande prudenza” (Reigado Ramos c. Portogallo, n. 73229/01, 8 53, 22 novembre 2005).

L’impegno delle autorità nazionali a facilitare tale collaborazione non è destinato a tradursi nell’obbligo di ricorrere alla coercizione che, in materia, non può che essere limitato, nella ribadita necessità della valutazione dei diri*ti e delle libertà delle persone coinvolte per un apprezzamento dell’interesse superiore del minore € dei diritti al medesimo conferiti dall’articolo 8 della Convenzione (Volesky c. Repubblica ceca, n. 63267/00, 8 118, 29 giugno 2004), nel rispetto di un margine di ragionevolezza che deve comunque guidare ogni intervento volto ad agevolare l’esercizio del diritto di visita (Nuutinen c. Finlandia, n. 32842/96, 8 128, Cedu 2000, VIII).

In siffatta definita cornice, in. cui convergono autoresponsabilità, autonomia e consapevole libertà di scelta, il dovere di visita del figlio minore ove rimasto inosservato da parte del genitore non è quindi suscettibile di coercizione neppure nella forma indiretta di cui all’art. 614-bis cod. proc. Civ.

Può pertanto affermarsi nella fattispecie in esame il seguente principio di diritto: “Il diritto-dovere di visita del figlio minore che spetta al genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione neppure nella forma indiretta di cui all’art. 614-bis cod. proc. civ. trattandosi di una potere-funzione che, non sussumibile negli obblighi la cui violazione integra, ai sensi dell’art. 709-ter cod. proc. civ., una “grave inadempienza”, è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale esito di autonome scelte che rispondono, anche, all’interesse superiore del minore ad una crescita sana ed equilibrata”.

Fonte: www.cortedicassazione.it