Cass. Civ. Ord., 10/10/2018, n. 25052
L’azione personale di restituzione è destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario.
Essa si distingue dall’azione di rivendicazione, con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo. In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poiché il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica.
E’ in primo luogo erronea la deduzione della violazione dell’art. 112 c.p.c., che attiene all’omesso esame della domanda e consente alla Corte l’esame degli atti processuali, dall’ipotesi in cui si censuri l’interpretazione che della domanda ha dato il giudice del merito.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito e questa Corte deve solo effettuare il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata.(Cassazione civile, sez. 6, 21/12/2017, n. 30684; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2008, n. 20373; Cassazione civile, sez. 1, 07/07/2006, n. 15603) Nella specie il giudice d’appello non ha omesso l’esame della domanda di rivendica, ma, nell’ambito del potere di interpretazione, ha ritenuto che la (OMISSIS) s.r.l. avesse agito per il rilascio dei terreni, svolgendo un’azione di natura personale. Ha, quindi, escluso, sulla base della domanda, che la (OMISSIS) s.r.l. avesse mai chiesto l’accertamento della sua proprietà; egli aveva chiesto che fosse dichiarata l’illegittima detenzione del fondo da parte del M., con conseguente condanna al rilascio, specificando di aver acquistato il fondo libero da persone e cose, sicchè l’eventuale detenzione sulla base di un contratto d’affitto con i suoi danti causa era illegittimo, perchè risolto con formale disdetta.
Il ricorrente, contestando che nell’atto introduttivo vi fosse un riferimento alla detenzione del bene sulla base di un precedente contratto, si è limitato a riportare stralci della comparsa di costituzione, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
Come ribadito dalle S.U. di questa Corte nella sentenza N.7305/2014, l’azione personale di restituzione è destinata a ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Essa si distingue dall’azione di rivendicazione, con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo. In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poichè il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica.