Conto cointestato e donazione

Cass. Civ. Ord., 28/02/2018, n. 4682

La cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso una banca, può essere qualificata come donazione indiretta se questa somma, al momento della cointestazione, apparteneva ad uno solo dei cointestatari. Questo, però, a condizione che sia verificata l’esistenza dell’animus donandi, ossia sia accertato che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo se non quello della liberalità.

La cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, è qualificabile come donazione indiretta qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario: a condizione, però, che sia verificata l’esistenza dell'”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità. Ed invero, in una fattispecie per molti aspetti analoga alla presente, questa Corte ha affermato che “l’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari – può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità” (Cass., n. 26983 del 2008; Cass. n. 468 del 2010) In altri termini, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all’apprezzamento dell’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità (Cass. n. 26991 del 2013, in motiv.; Cass. n. 6784 del 2012).

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