Cass. Civ. Ord. 27-09-2018, n. 23174
In caso di opere edilizie da eseguirsi su strutture o basamenti preesistenti o preparati dal committente o da terzi, l’appaltatore viola il dovere di diligenza stabilito dall’art. 1176 c.c. se non verifica, nei limiti delle comuni regole dell’arte, l’idoneità delle anzidette strutture a reggere l’ulteriore opera commessagli, e ad assicurare la buona riuscita della medesima, ovvero se, accertata l’inidoneità di tali strutture, procede egualmente all’esecuzione dell’opera.
Inoltre, è jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui “Trattandosi di opere edilizie da eseguirsi su strutture o basamenti preesistenti o preparati dal committente o da terzi, l’appaltatore viola il dovere di diligenza stabilito dall’art. 1176 c.c. se non verifica, nei limiti delle comuni regole dell’arte, l’idoneità delle anzidette strutture a reggere l’ulteriore opera commessagli, e ad assicurare la buona riuscita della medesima, ovvero se, accertata l’inidoneità di tali strutture, procede egualmente all’esecuzione dell’opera. Anche l’ipotesi della imprevedibilità di difficoltà di esecuzione dell’opera manifestatesi in corso d’opera derivanti da cause geologiche, idriche e simili, specificamente presa in considerazione in tema di appalto dall’art. 1664 c.c., comma 2 e legittimante se del caso il diritto ad un equo compenso in ragione della maggiore onerosità della prestazione, deve essere valutata sulla base della diligenza media in relazione al tipo di attività esercitata. E laddove l’appaltatore svolga anche i compiti di ingegnere progettista e di direttore dei lavori, l’obbligo di diligenza è ancora più rigoroso, essendo egli tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi” (Sez. 3, Sentenza n. 12995 del 31/05/2006, Rv. 591371 – 01).
Tale principio trova coerente applicazione nel caso di specie, nel quale dall’espletata ctu – le cui risultanze sono ripercorse in sentenza e costituiscono accertamento in fatto, insindacabile nella presente sede di legittimità – è emerso che:
– i tecnici incaricati dall’Ufficio avevano chiarito le carenze che affliggevano la relazione geologica del N., in quanto priva dei dati geotecnici necessari per la progettazione e priva della verifica di stabilità del pendio), come pure avevano chiarito l’improprio utilizzo di detta relazione (dapprima, come parere di fattibilità geologica a supporto del progetto architettonico e, poi, come relazione geotecnica a supporto del progetto strutturale);
– tale carenza progettuale non era stata rilevata dalla direzione lavori, nonostante la sua gravità e la portata dello sbancamento che sarebbe stato eseguito (ragion per cui entrambi i giudici di merito, con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, hanno ritenuto che l’esecuzione dell’opera, sulla convinzione di effettuare un muro di sostegno a retta di una parete rocciosa, era stata espressione di grave negligenza, divenuta ancora maggiore a seguito della verifica di una situazione diversa della struttura del pendio);
– non soltanto non era emersa la prova del rilievo concausale della rottura della tubazione, ma anzi erano emersi numerosi concordanti indizi contrari (che la Corte specificatamente indica alle pp. 7-8 compiendo congrua valutazione di merito, non suscettibile di revisione in questa sede).