Appalto e impegno a eliminare i vizi: termine di prescrizione

Cass. Civ., Ord. 02/08/2024, n. 21793

La Corte di Cassazione ha confermato che, in presenza di un impegno unilaterale assunto per l’eliminazione di difetti o vizi, la prescrizione applicabile è quella decennale e non quella biennale prevista per i contratti di appalto. Nel caso di specie, Il giudice d’appello aveva escluso l’esistenza di un contratto di appalto, interpretando l’accordo come un impegno unilaterale a garantire un risultato, valorizzando la circostanza per cui la parte nella scrittura privata si era impegnata non solo a eseguire lavori di riparazione a proprie spese, ma si era anche assunta assumeva altresì la responsabilità di eventuali danni arrecati a terzi e di possibili ritardi nell’esecuzione.

“3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 cod. civ., dell’art. 113 cod. proc. civ. – Error in iudicando.
Dall’errata introduzione di un argomento di causa su iniziativa d’ufficio, il giudice di secondo grado è approdato ad un’ulteriore errata conclusione, ossia l’applicazione del termine prescrizionale di dieci anni, anziché ricondurre la fattispecie al disposto di cui all’art. 1667 cod. civ., come giustamente individuato dal Tribunale, recante termine di prescrizione di due anni dal giorno di consegna dell’opera.

4. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tutti aggrediscono la sentenza – se pure sotto diversi profili – in un unico punto, ossia l’aver considerato come nuova obbligazione quella assunta dallo @1G.Gi. nella scrittura privata del 03.10.2003 e, per l’effetto, l’aver applicato il termine decennale di prescrizione dell’azione.Tutti sono inammissibili, in quanto – pur facendo riferimento anche alla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. – essi attengono all’attività di interpretazione delle dichiarazioni negoziali, tipicamente demandata al prudente apprezzamento del giudice del merito.

4.1. Innanzitutto, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio).
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di ermeneutica contrattuale l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 e segg. cod. civ.; o di motivazione omessa o manifestamente illogica, ossia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione, ovvero un’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti ai sensi dei nn. 4) e 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. , nella formulazione attualmente vigente (per tutte: Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.): ipotesi – queste ultime – qui neanche dedotte dal ricorrente. Pertanto, onde far valere in cassazione tali vizi della sentenza impugnata, non è sufficiente che il ricorrente per cassazione faccia puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma è altresì necessario che egli precisi in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass., Sez. L, n. 17168 del 09-10-2012; Sez. 2, n. 13242 del 31-05-2010; Sez. 3, n. 24539 del 20-11-2009); con la conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche risolvendosi, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass., Sez. 1, n. 22536 del 26-10-2007).
Sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data al contratto dal giudice del merito sia l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle possibili e plausibili interpretazioni; perciò, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3, n. 24539 del 20-11-2009; Cass. Sez. 1, n. 4178 del 22-02-2007; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04-04-2022, Rv. 664334 – 02; v. anche: Cass Sez. 2, Ordinanza n. 40972 del 2021, che conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14-07-2016, Rv. 640551 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15603 del 04-06-2021 – Rv. 661741 – 01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9996 del 10-04-2019 – Rv. 653577 – 01).
4.2.1. Nella specie, avuto riguardo alle censure in esame, va ritenuto che i giudici di merito abbiano fatto corretta applicazione delle norme che regolano l’interpretazione delle dichiarazioni negoziali, adottando una motivazione che risulta esente da vizi logici. Superando il dato letterale della scrittura privata in questione (formulata in senso dubitativo, posto che la scrittura privata fa un riferimento alla possibilità dell’evento “in relazione alle possibili infiltrazioni di acqua dal lastrico…”), nonché l’assenza in essa di specificazioni in merito ai rapporti sottostanti (formulata in modo da non rendere noti i rapporti sottostanti tra lo @1G.Gi. e gli appellati), il giudice di seconde cure esclude la sussistenza di un contratto di appalto, e deduce la volontà delle parti nel senso dell’assunzione di una garanzia “di risultato”, o “riconoscimento operoso” dall’unilateralità dell’obbligo e dalla sua ampiezza, posto che lo @1G.Gi., con detta scrittura privata, si impegnava non solo a eseguire lavori di riparazione a proprie spese, ma si assumeva altresì la responsabilità di eventuali danni arrecati a terzi e di possibili ritardi nell’esecuzione (sentenza n. 6583 del 14.03.2017).”