Cass. Civ. Ord. 26-10-2018, n. 27256
È valida la vendita separata del soprasuolo dal sottosuolo come entità reali giuridicamente autonome. È valida anche la costituzione in via accessoria di diritti di servitù in favore del sottosuolo trasferito all’acquirente ed a carico del soprassuolo rimasto all’alienante. In questi casi si scinde l’originaria unica proprietà appartenente ad un solo soggetto in più proprietà distinte in senso verticale facenti capo a soggetti diversi.
Il contratto concluso il (OMISSIS) tra T.S. e D.R.P. recava l’intestazione “compravendita per escavazione di marmo e pietra similare”. Esso stabiliva che ” D.R.P. cede e vende a T.S. che acquista i terreni montani denominati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), posti in Comune di (OMISSIS), in quel catasto identificati con i mappali (…) quali risultano dal relativo certificato catastale che si va ad allegare alla domanda di voltura (…) il compratore intende coltivare nei detti terreni montani una cava di pietra o marmo e quindi sfruttare esclusivamente il sottosuolo, tutta la legna, erba e pattume resteranno a beneficio del venditore, suoi eredi e successori (…) il compratore ha diritto di esercitare l’escavazione nel modo e come meglio crederà (…) impiantarvi linee elettriche, condutture, baracche, macchinari, costruzioni, scivoli (…) il venditore costituisce a favore degli immobili venduti col presente atto al sig. T.S. servitù attiva di passaggio (…) sui restanti immobili di sua proprietà (…) Detti terreni vengono venduti ed acquistati nello stato di fatto e di diritto nei quali attualmente di trovano (…) con la trasmissione immediata della proprietà e del possesso nel compratore (…) Il venditore garantisce la proprietà degli immobili in contratto (..).
La Corte di Appello di Brescia ha affermato che tale convenzione non costituisse un contratto di compravendita di immobili, ma un atto con cui D.R.P. cedeva a T.S. il prodotto del sottosuolo. A dire dei giudici di secondo grado, se le parti avessero davvero voluto il trasferimento della proprietà dei terreni, il contratto si rivelerebbe nullo per indeterminatezza del diritto alienato, e non si giustificherebbero, peraltro, nè l’intestazione “compravendita per escavazione di marmo e pietra similare”, nè l’attribuzione al compratore del diritto di escavazione, nè l’attribuzione al venditore del beneficio riguardante legna, erba e pattume.
Ora, questa Corte ha già affermato, secondo principi che vanno qui ribaditi, come i contratti di diritto privato aventi per oggetto lo sfruttamento di cave possono assumere configurazioni giuridiche diverse, a seconda dell’intenzione dei contraenti. Essi possono infatti concretare:
a) una vendita immobiliare, quando il negozio abbia ad oggetto il giacimento nella sua complessiva stratificazione intesa in unità di superficie e di volume e ne sia previsto il completo trasferimento per un prezzo commisurato al volume dell’intera cava;
b) una vendita mobiliare, se le parti abbiano invece considerato il prodotto dell’estrazione, ragguagliato a peso o a misura;
c) un contratto riconducibile nello schema dell’affitto, quando l’intenzione dei contraenti sia invece finalizzata allo scopo di consentire il godimento (sfruttamento) temporaneo del bene secondo la sua destinazione (Cass. Sez. 3, 09/07/1982, n. 4090; Cass. Sez. 1, 07/11/1989, n. 4646; Cass. Sez. 1, 16/09/1995, n. 9785).
Il legislatore, del resto, considera il prodotto della escavazione non come parte necessariamente integrante del fondo, tant’è che annovera espressamente i “prodotti delle cave”, come quelli delle miniere e delle torbiere, tra i frutti naturali (art. 820 c.c., comma 1).
Allorchè, come nel caso in esame, sia controverso se il contratto stipulato tra le parti consistesse in una vendita immobiliare (avendo, cioè, il negozio ad oggetto i tre terreni montani nella loro intera consistenza dietro il corrispettivo di un prezzo commisurato al volume dell’intera cava) ovvero in una vendita mobiliare di massa di cose future (vendita del prodotto di estrazione, la quale, però, postula la considerazione e determinazione della quantità o misura da estrarre, nonchè del termine temporale di estrazione), l’erronea qualificazione giuridica dell’operazione negoziale è denunziabile in sede di legittimità solo per quanto attiene alla determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, poichè solo in ordine ad essi può configurarsi il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3.
Lo stabilire, infatti, se un contratto costituisca una vendita di cava o di prodotti estrattivi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in cassazione se è sorretto da una motivazione esente da vizi logici o da vizi ex art. 360 c.p.c., n. 5, e sia il risultato di un’interpretazione condotta nel rispetto delle regole di ermeneutica contrattuale dettate dagli art. 1362 e ss. c.c.. Nell’interpretazione di un contratto, allora, occorre far riferimento in via prioritaria al criterio fondato sul significato letterale delle parole, di cui all’art. 1362 c.c., e, solo ove il dato letterale della norma possa risultare ambiguo, può farsi ricorso agli altri canoni strettamente interpretativi (artt. 1362, 1365 c.c.) e, in caso di insufficienza, a quelli interpretativi integrativi (artt. 1366, 1371 c.c.). Peraltro, nel procedimento di qualificazione del contratto il giudice non è mai vincolato dal nomen juris adoperato dalle parti, e deve anzi correggere la loro autoqualificazione quando riscontri che non corrisponde alla sostanza del contratto come da esse voluto (cfr. tra le tante Cass. Sez. 3, 28/08/2007, n. 18180; Cass. Sez. 1, 13/12/2006, n. 26690).
La Corte d’Appello di Brescia, nell’interpretare e qualificare come vendita mobiliare dei soli prodotti del sottosuolo il contratto concluso il (OMISSIS) tra T.S. e D.R.P., ha operato un’indagine ispirata ai criteri interpretativi sussidiari logici, teleologici e sistematici, senza però utilizzare in via prioritaria il criterio dell’interpretazione letterale, analizzando dapprima il senso delle espressioni impiegate dagli stipulanti nel documento quali “… cede e vende… che acquista i terreni montani…”, “immobili venduti col presente atto”.., “detti terreni vengono venduti ed acquistati….”, ” il venditore garantisce la proprietà degli immobili in contratto”, in maniera da verificare se le stesse espressioni non rivelassero la loro volontà comune.
Erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto quanto all’individuazione del diritto reale di cui le parti avessero disposto, come pure l’incongruenza tra una vendita immobiliare e l’attribuzione espressa al compratore del diritto di escavazione e al venditore del diritto su legna, erba e pattume.
Per la validità di una compravendita immobiliare è necessario che l’oggetto di detto contratto sia determinato, ovvero determinabile in base ad elementi contenuti nel relativo atto scritto (e, perciò, documentati e non estrinseci all’atto stesso), e tale requisito deve essere ravvisato nella inequivocabile identificazione dell’immobile compravenduto per il tramite dell’indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire, perciò, che rimangano margini di dubbio sull’identità del suddetto immobile (così ad es. Cass. Sez. 2, 29/05/2007, n. 12506).
Alla stregua di quanto del pari già affermato da questa Corte (cfr. Cass. Sez. 2, 15/04/1999, n. 3750; Cass. Sez. 2, 07/01/1980, n. 100; Cass. Sez. 2, 08/07/1977, n. 3054), deve invece certamente ammettersi la validità di una separata alienazione del soprasuolo dal sottosuolo come entità reali giuridicamente autonome – nonchè, come nella specie, della costituzione in via accessoria di diritti di servitù in favore del sottosuolo trasferito all’acquirente ed a carico del soprassuolo rimasto all’alienante, al fine della migliore utilizzazione della cava alienata -, scindendosi l’originaria unica proprietà appartenente ad un solo soggetto in più proprietà distinte in senso verticale facenti capo a soggetti diversi, e comunque trattandosi pur sempre di veri e propri diritti di proprietà.
4. Poichè l’accoglimento delle individuate censure del ricorso principale comporta la necessità di un riesame da parte dei giudici di rinvio in ordine alla determinazione dell’oggetto del contratto per cui è causa, ed alla conseguente natura del diritto spettante al compratore T.S., rimane altresì assorbito l’unico motivo del ricorso incidentale di D.R.L., inerente alla prescrizione dello stesso diritto, trattandosi di ragioni che potranno essere fatte valere nel medesimo giudizio di rinvio.
5. Consegue, nei limiti di cui in motivazione, l’accoglimento del primo, del secondo, del sesto e del settimo motivo del ricorso principale, rimanendo assorbiti il terzo, il quarto, il quinto, l’ottavo ed il nono motivo del medesimo ricorso principale, nonchè il ricorso incidentale. Consegue ancora la cassazione della sentenza impugnata, sempre nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia, che sottoporrà la causa a nuovo esame uniformandosi ai principi richiamati e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.