Cass. Civ. Ord. 23-05-2018, n. 12820
La reazione del danneggiato in tema di concorrenza sleale da parte di un concorrente è legittima e non causa a sua volta un danno solo se risponda ai parametri della continenza generale e della proporzionalità rispetto all’offesa ricevuta.
Il primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 2598 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto denigratoria la campagna di comunicazione effettuata dalla ricorrente nei confronti del C., non avvedendosi della circostanza che essa rappresentava un legittima reazione all’illecito a sua volta commesso nei suoi confronti dal C., suo ex agente, che – come accertato con sentenza passata in giudicato – aveva violato il patto di non concorrenza a suo tempo stipulato tra le parti; che il secondo motivo di ricorso deduce la violazione del medesimo articolo laddove la Corte ha ritenuto provato il rapporto di concorrenza tra le parti, che non sarebbe invece configurabile nel rapporti tra agente e proponente; che il terzo motivo del ricorso deduce un vizio di motivazione, lamentando che il giudicante abbia solo parzialmente esaminato il materiale probatorio versato in atti, giungendo quindi all’erronea affermazione dell’estraneità dell’accertata denigrazione rispetto ai fatti oggetto della precedente condanna del C. per il danno arrecato alla ricorrente; ritenuto che il primo motivo di ricorso è infondato atteso che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, già affermato sul tema da questa Corte (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 11047 del 1998), secondo cui la reazione del danneggiato in tema di concorrenza sleale da parte di un concorrente è legittima e non causa a sua volta un danno solo se risponda ai parametri della continenza generale e della proporzionalità rispetto all’offesa ricevuta: nella specie, la sentenza impugnata ha accertato che la reazione è stata sproporzionata, sì che rettamente ha disconosciuto l’applicabilità della scriminante.